Conclusa la carriera di calciatore ha fatto anche l’allenatore fino al 1975 con squadre dilettanti della sua regione tra cui il Pozzuolo.
Adesso vive a Udine con i due figli, la moglie l’ha perduta da diversi anni, Marco e Massimo di 34 e 37 anni, sposati con figli.
L’abbiamo raggiunto telefonicamente per ricordare quei lontani periodi e perché un giovane accettava di trasferirsi da una squadra dell’estremo nord di serie superiore, ad una del sud.
Giocavi in una squadra di serie superiore, nonostante ciò hai accettato di trasferirti al sud in una città che non avevi mai conosciuto, cos’è che ti ha indotto ad accettare?
Allora, per noi giovani calciatori, giocare era l’unico scopo indipendentemente dalla squadra o dalla città. Le regole che fissavano i trasferimenti non erano quelli attuali, il giocatore apparteneva alla società e doveva accettare le sue decisioni altrimenti si correva il rischio d’appendere le scarpe al chiodo.
Sei arrivato a Crotone appena ventenne e non ti sei più mosso, a dimostrazione che ti sei trovato bene?
Pensavo, una volta giunto in Calabria, di rimanerci per qualche anno, invece c’è stata la gradita sorpresa d’essermi trovato in una città che mi ha accolto bene e mi ha sempre fatto sentire un suo cittadino. Tra me ed i tifosi dell’Ezio Scida c’era un ottimo rapporto di simpatia. Della città conservo i migliori ricordi e per non dimenticarla, nel soggiorno di casa ho la colonna del tempio che esisteva a Capocolonna.
Quali sono i ricordi di Paolini come giocatore?
Da difensore mi spingevo in attacco lungo la fascia e spesso riuscivo a segnare. Ricordo con molto piacere una vittoria del Crotone contro il Bari per 3 a 1, la partita si giocò il giorno di capodanno, allora il campionato non si fermava per le festività natalizie, festeggiammo l’ultimo dell’anno nei locali del Florida vicino al Comune, subito dopo la mezzanotte andammo a letto perché il pomeriggio avevamo l’incontro, in quell’occasione segnai una doppietta.
Al Napoli in serie A non ti sei affermato, perché?
In quell’anno, con la squadra partenopea giocai tutte le partite della coppa delle fiere (oggi coppa UEFA), a fine campionato non accettai alcune condizioni ed ho preferito far ritorno a Crotone dove ho giocato per altri cinque anni.
Il Crotone d’allora com’era?
Forte, la squadra era formata da molti giocatori di serie superiore. Tra questi ricordo Eufemi che proveniva dalla Lazio. L’unico nostro problema d’allora era il dover giocare su un terreno che non aveva l’erba e bisognava fare molta attenzione per non finire per terra, ciò costituiva motivo di grave escoriazione.
Un tecnico che hai avuto durante la permanenza a Crotone e che ricordi con simpatia?
Cecco Lamberti e Piero Pasinato. Il primo, Lamberti, ebbe il merito di portare il Crotone in serie C, era un tecnico che curava molto anche la preparazione fisica. Il secondo, Pasinato, proveniva dal Catanzaro ed essendo stato un campione del mondo nel 1938, ha trasmesso in noi la mentalità del calciatore di serie superiore e le tecniche per raggiungere determinati traguardi.
Da quando hai smesso di giocare, sei ritornato a Crotone?
Con amici e parenti, quando parlo del mio trascorso di calciatore, parlo soltanto del Crotone che è stata la squadra della mia carriera. Questo fa sì che mi commuovo ed è con tanta nostalgia che vorrei tornare a rivisitarla. Nell’attesa che ciò avvenga mi abbracci Mimmo Pulvirenti e Gustino Geremicca. Ricordo con simpatia il magazziniere d’allora Mimi De Meco.
Giuseppe Livadoti