Dopo Crotone passa all’Acireale, dove conclude la carriera di calciatore all’età di venticinque anni per motivi legati all’attività aziendale del padre. Oggi è un acceso tifoso rossoblù, non potrebbe essere diversamente, che segue il Crotone ed è amico di tanti giocatori che spesso lo vanno a trovare nella gioielleria. Approfittando dell’entusiasmo che si è creato in città per la promozione in serie B, l’ abbiamo intervistato per chiederle quale emozione ha prodotto in lui quest’avvenimento e che cosa ha significato il calcio per uno che l’ha praticato per semplice passione.
Lei si potrebbe definire un privilegiato, da calciatore ha portato il Crotone in serie C, dopo, da tifoso ha esultato per la vittoria in serie B. Un bel collegamento nel tempo, cosa ricorda d’allora?
Il ricordo più bello è legato all’ultima partita di campionato giocata all’Ezio Scida contro l’Alba Napoli che ci permise di vincere il campionato con un punto di vantaggio sull’Akragas. In quella occasione vincemmo 6 a 1, dopo rimontato il gol del momentaneo vantaggio.
Ha smesso di giocare giovanissimo, a venticinque anni, perché?
Allora si giocava più per passione che non per i facili guadagni come lo è oggi.
Si giocava nei ritagli di tempo dopo gli impegni di lavoro. Basti pensare che in formazione c’erano diversi lavoratori, uno di questi era Geremicca, dipendente Montecatini (dopo Montedison). Quando l’azienda di mio padre necessitava della mia presenza non ho esitato ad abbandonare il calcio per il lavoro. Dalla trasferta rientravo a Crotone prima degli altri per essere puntuale all’apertura del negozio.
Che tipo di calcio si praticava ai suoi tempi?
Era un calcio agguerrito e maschio, si giocava sull’uomo, c’era meno tatticismo, i terzini sulle ali, lo stopper sul centravanti, il mediano sulla mezzala.
Vinceva la squadra che aveva effettivamente i giocatori più bravi. Caratteristica d’allora non finire spesso a terra per l’intervento dell’avversario, quella scena rappresentava agli occhi del tifoso una debolezza del giocatore. Oggi c’è troppo tatticismo, è nato il famoso “modulo” che prevede l’impiego del giocatore in più ruoli durante e spesso ne viene fuori un incontro abborracciato. Bisogna affermare, però, che l’organizzazione oggi è migliorata e di molto, il calciatore è seguito da più persone, oltre all’allenatore c’è il preparatore atletico, il dietologo, uno staff medico che controlla in continuazione l’andamento clinico dell’atleta.
Perché ai suoi tempi il Crotone non ha mai pensato d’andare in serie B?
Ci fu un campionato che si piazzò al quinto posto alle spalle di grande squadre. In quell’anno, per qualche settimana, accarezzammo il sogno della serie B. Questo non s’è verificato perché i mezzi non erano sufficienti.
Oggi il Crotone è in serie B, il sogno di Silipo d’allora si è avverato?
Di questo bisogna dare merito all’attuale dirigenza che negli anni della loro gestione hanno portato il Crotone dalla prima categoria ai vertici nazionali.
Un’ottima società competente, non si vincono due campionati di serie C1 se non si è ben preparati in questo settore.
Il presidente Vrenna ha sempre creduto nella vittoria e non ha mai abbandonato tale idea, pur tra tante difficoltà derivanti da aggressione verbali provenienti da dirigenti di squadre avversari.
All’ottimo lavoro della dirigenza va aggiunto quello del gruppo per la coesione tra i giocatori grazie al lavoro di mister Gasperini.
L’attuale Crotone, che ruolo può recitare in serie B?
Con qualche ritocco può ben figurare anche nella cadetteria che, in ogni caso, resta un campionato durissimo essendo formato da 22 squadre. Ai giovani bisogna affiancare l’esperienza.
Ci salutiamo fissandoci un appuntamento alla prossima intervista per commentare la promozione in serie A?
Fermiamoci in serie B per lunghissimi anni, dopo se è il caso perché no!
Giuseppe Livadoti